Un problema comune che impegna tutti
Il 10 ottobre 2022 si è celebrato in tutto il mondo il World Health Mental Day -Giornata mondiale della salute mentale – con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sui problemi di salute mentale in tutto il mondo e mobilitare gli sforzi a sostegno della salute mentale.
Come riportato dal sito dedicato alla Giornata, “…stigma e discriminazione continuano a essere una barriera all’inclusione sociale e all’accesso alle cure adeguate; possiamo tutti fare la nostra parte nell’aumentare la consapevolezza su quali interventi preventivi sulla salute mentale siano efficaci e la Giornata Mondiale della Salute Mentale è un’opportunità per farlo collettivamente. Immaginiamo un mondo in cui la salute mentale sia valorizzata, promossa e protetta; dove tutti hanno pari opportunità di godere della salute mentale e di esercitare i propri diritti umani; e dove tutti possono accedere alle cure di salute mentale di cui hanno bisogno”.
Ogni anno, a livello globale, vengono persi 12 miliardi di giorni lavorativi a causa di ansia e depressione, per un costo complessivo che si stima arrivi a circa 1000 miliardi di dollari. È quanto emerge dal recente report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in tema di salute mentale, che sottolinea l’urgente necessità di intervenire per concretizzare un cambio di rotta.
Nel 2019 quasi un miliardo di persone – di cui il 14% adolescenti – viveva con un disturbo mentale: il 31% manifestava disturbi d’ansia, mentre quasi un altro 30% sintomi depressivi. Dopo il primo anno di pandemia queste patologie sono aumentate rispettivamente del 26% e 28%, finendo per impattare non solo sul benessere delle singole persone ma anche sulla tenuta sociale ed economica di paesi, istituzioni e aziende.
Impatti sanitari, sociali ed economici
La salute psicologica è infatti direttamente correlata, come ben evidenziato nel report dell’OMS, non solo all’aspettativa di vita, ai tassi di morte e suicidi e alla disabilità, ma anche alla produttività, all’assenteismo e al turnover. I suoi impatti, dunque, sono sanitari, sociali ed economici. Non è dunque un caso che tutti i 194 Stati membri dell’OMS abbiano sottoscritto il Piano d’azione globale per la salute mentale 2013-2030, che li impegna a raggiungere obiettivi che vanno nella direzione di potenziare il benessere psicologico delle rispettive popolazioni.
Le diverse raccomandazioni sono raggruppate in quattro macro aree: rafforzamento di una leadership e una governance che si focalizzino sulla salute mentale, implementazione di politiche di assistenza a livello di comunità, sensibilizzazione e prevenzione e, infine, potenziamento nella diffusione di informazioni e ricerche nell’ambito. Gli obiettivi trasversali sono quelli di abbattere lo stigma che ancora accompagna il tema della salute mentale, prevenire i rischi ad essa associati e potenziare soluzioni e programmi di cura e assistenza.
In particolare, si invitano gli Stati membri ad attuare politiche, leggi e regolamenti volti a prevenire, proteggere e monitorare la dimensione mentale e i diritti umani ad essa associati. Un impegno politico e legislativo che possa, a cascata, dare un indirizzo preciso per il prossimo futuro. Il Piano esorta poi ad aumentare gli investimenti nei confronti della salute psicologica, non solo assicurando fondi e risorse ai settori sanitari e sociali interessati, ma anche garantendo iniziative di sensibilizzazione diffuse. In Italia, è da poco stato ufficializzato il Bonus Psicologo e si sta lavorando sul fronte della Psicologia di base, eppure, è ancora troppo poco.
Il documento chiede parallelamente di ripensare gli ambienti – abitazioni, comunità, scuole, aziende, spazi urbani – al fine di eliminare tutte quelle barriere che impediscono o limitano la partecipazione attiva di chi convive con patologie psichiche. Un ruolo attivo, in questo, lo stanno sempre più dimostrando tutte quelle organizzazioni che si dotano di servizi di supporto psicologico per le loro persone, nonché programmi di sensibilizzazione, DE&I (Diversity, Equity & Inclusion) e normalizzazione della dimensione mentale a lavoro. Tutte attività in linea con le indicazioni contenute nel Piano, che spronano gli Stati membri a intensificare l’impegno contro ogni tipo di violenza, a partire dall’educazione dei più giovani, grazie alla diffusione di programmi di educazione emotiva nelle scuole.
Infine, si pone l’accento sull’assistenza sanitaria: viene introdotto l’obiettivo di rafforzarla attraverso la costituzione di reti funzionali ed estese, il potenziamento di servizi di salute mentale di comunità e l’utilizzo del digitale. La tecnologia, infatti, viene riconosciuta come elemento indispensabile per garantire l’auto-aiuto, fornire assistenza e rendere accessibile il supporto psicologico e i percorsi di psicoterapia a distanza. La rotta, dunque, è tracciata: nei prossimi otto anni – che ci dividono dalla data ultima individuata del Piano d’azione globale per la salute mentale 2013-2030 – avremo modo di capire se verrà mantenuta.
La situazione in Italia
Il Rapporto sulla salute mentale rappresenta un’analisi a livello nazionale dei dati rilevati attraverso il Sistema informativo per la salute mentale (SISM).
La rilevazione, istituita dal decreto del Ministro della salute del 15 ottobre 2010, costituisce a livello nazionale la più ricca fonte di informazioni inerenti gli interventi sanitari e socio-sanitari dell’assistenza rivolta a persone adulte con problemi psichiatrici e alle loro famiglie. Tale sistema costituisce la fonte informativa a livello nazionale e regionale utile al monitoraggio dell’attività dei servizi, della quantità di prestazioni erogate, nonché delle valutazioni sulle caratteristiche dell‟utenza e sui pattern di trattamento. Inoltre rappresenta un valido supporto alle attività gestionali dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) per valutare il grado di efficienza e di utilizzo delle risorse.
Il Rapporto 2020 indica che gli utenti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici nel corso del 2020 ammontano a 728.338. Gli utenti sono di sesso femminile nel 53,6% dei casi, mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni (69,0%). In entrambi i sessi risultano meno numerosi i pazienti al di sotto dei 25 anni mentre la più alta concentrazione si ha nelle classi 45-54 anni e 55-64 anni (46,8% in entrambi i sessi); le femmine presentano, rispetto ai maschi, una percentuale più elevata nella classe > 75 anni (6,7% nei maschi e 10,7% nelle femmine).
Nel 2020 i pazienti che sono entrati in contatto per la prima volta durante l’anno (utenti al primo contatto) con i Dipartimenti di Salute Mentale ammontano a 253.164 unità di cui il 91,8% ha avuto un contatto con i servizi per la prima volta nella vita (first ever pari a 232.376 unità). I tassi relativi ai disturbi schizofrenici, ai disturbi di personalità, ai disturbi da abuso di sostanze e al ritardo mentale sono maggiori nel sesso maschile rispetto a quello femminile, mentre l’opposto avviene per i disturbi affettivi, nevrotici e depressivi. In particolare per la depressione il tasso degli utenti di sesso femminile è quasi doppio rispetto a quello del sesso maschile (24,2 per 10.000 abitanti nei maschi e 40,4 per 10.000 abitanti nelle femmine).